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Giacinto Facchetti, la vita semplice del "Terzino Gentiluomo"

Postato il 05 Ottobre 2017

Quando si parla dell'Inter, della grande Inter di Herrera nel 61,  il pensiero vola inevitabilmente al "Capitano" Giacinto Facchetti. Terzino Sinistro come nessun altro, alla sua scomparsa avvenuta nel 2006 per cancro, l'Inter decise di onorarne il ricordo ritirando la maglia n.3.

Giacinto Facchetti, dagli esordi alla gloria

Difficile parlare della vita di Giacinto Facchetti fuori dal campo di calcio. Esattamente come tutte le persone per bene, la sua fu un'esistenza tranquilla e priva di grossi tumulti. All'interno del campo, invece, era tutt'altra storia. Giacinto era inarrestabile, capace di volare dalle retrovie fino alla porta avversaria. Questa particolarità lo portò ad essere visto come un innovatore del ruolo di terzino e a collezionare 59 reti, un record assoluto per un difensore. La sua carriera ebbe inizio nel 1956 nella Zanconti, la squadra del suo paese natale, per poi passare alla Trevigliese nel 1957 con il ruolo di attaccante. Arrivò nell'Inter pochi anni dopo, nel '61, quando Helenio Herrera lo convocò per il finale di stagione 1960-61 affidandogli un ruolo che gli sarebbe rimasto scolpito addosso in eterno, quello del terzino destro di attacco. l'esordio in serie A avvenne più precisamente il 21 maggio del 1961, durante un Roma-Inter conclusosi con la vittoria dei Nerazzurri. Da quel momento in poi la carriera di Giacinto fu un susseguirsi di successi che lo portarono alla nazionale nel 1963, dove rivestì il ruolo di capitano a soli 24 anni.  

Giacinto Facchetti, la partita del secolo

Se c'è una partita di Giacinto Facchetti che vorremo ricordare, altra non è che la partita del secolo avvenuta nel 1970 durante i Mondiali del Messico. Una partita non priva di errori, vero, ma forse il più avvincente e straordinario esempio di calcio giocato nella storia. Un'Italia fino ad allora poco convincente arrivò allo Stadio Atzeca, quel dì del 17 Giugno '70, ben conscia di non essere esattamente la favorita dell'incontro. Del resto quella Germania dell'Ovest, reduce di un mondiale fino ad allora quasi perfetto, non aveva molto da dimostrare contro i nostri compatrioti, e fu forse quella leggerezza d'animo a siglare il risultato dell'incontro. Milioni di spettatori in mondo visione si riversarono, quella torrida notte del '70, per vedere gli Italiani soffrire come non mai, sul quel campo di calcio sudamericano. Soffrire, certo, sbagliare, cadere, ma non arrendersi. No, se c'è un plauso da fare ai nostri connazionali guidati da Giacinto Facchetti, in quella partita tutt'altro che perfetta, e il non aver mai smesso di tentare, di correre, di aggredire gli avversari tedeschi, di contendere loro il campo un passo alla volta, senza cedergli neanche il tempo di un respiro. Il risultato di quella calda giornata è scolpito su pietra, in una targa che ancora oggi adorna lo stadio Atzeca.

Italia-Germania 4 a 3

La Partita del Secolo